La traccia sottoposta all’esame dello scrivente impone di individuare il concorso di persone, istituto previsto nel Codice penale. Laddove più soggetti hanno partecipato alla commissione di un reato, in qualsiasi modo, tutti soggiacciono alla medesima pena. La funzione dell’istituto, escludendo la differenziazione del trattamento sanzionatorio fra mandante ed esecutore piuttosto che fra rapinatore e palo, risponde alla esigenza general preventiva di assicurare la medesima pena ai soggetti che hanno pianificato o eseguito il piano criminale, ritenendo il legislatore non meno pericoloso per l’ordinamento, la condotta dell’uno o dell’altro. Invero può accadere che durante l’esecuzione di un reato programmato e voluto dai compartecipi, uno di essi, discostandosi dai propositi comuni, commetta un reato autonomo (es. rapina in villa cui segua una violenza sessuale ad opera di un compartecipe). In tal caso occorre interrogarsi se risponda al principio di proporzionalità applicare il medesimo trattamento sanzionatorio a chi sia rimasto estraneo all’ulteriore reato rispetto alla rapina. Ebbene, nell’ipotesi del c.d. concorso anomalo, il compartecipe risponde anche del reato più grave se la consumazione è dipesa anche solo dalla sua colpa (es. non aver impedito la consumazione della violenza sessuale) ritenendo che nel momento in cui più persone si accordino per programmare la commissione di uno o più reati siano o comunque debbano ritenersi responsabili delle conseguenze prevedibili (es. una rapina che importi una sparatoria, una violenza sessuale, una fuga con un ostaggio, ecc.) qualora tali conseguenze siano comunque riconducibili alla colpa dei compartecipi (es. non aver impedito la presa dell’ostaggio, non aver interrotto l’azione sessuale, ecc.) confermando quindi la severa punizione a chiunque, associandosi, decida di delinquere, sulla evidente considerazione della maggiore gravità e pericolosità sociale delle condotte di più persone, organizzate fra loro, al fine di delinquere.
Figura diversa rispetto al concorso anomalo è l’aberratio ictus, che ricorre laddove un soggetto pianifichi l’omicidio di Caio ma uccida Tizio. Il legislatore ha previsto che al reo sia applicato il medesimo trattamento sanzionatorio che sarebbe spettato qualora fosse stato commesso il reato voluto, ritenendo indifferente che l’azione criminosa si sia consumata ai danni di un oggetto o di un soggetto diverso da quello mentalmente prefigurato quale fine del delitto, posto che è la volontà criminale e la conseguente pericolosità per la pace sociale a dover essere perseguita (addirittura al di là della effettiva consumazione del reato, vd ipotesi del tentativo).
Orbene, qualora dietro la volontà di uccidere Caio vi fosse un mandante, a quale titolo risponderebbe? Certamente, come dinanzi spiegato, è applicabile l’istituto del concorso di persone poiché la condotta del mandante si è posta quale conditio sine qua non per l’azione dell’esecutore che – tuttavia – ha sbagliato bersaglio. Secondo una parte meno rigorosa della dottrina, invece, al mandante andrebbe applicato l’istituto del tentativo visto che ha posto in essere atti idonei e diretti in modo non equivoco a commettere l’omicidio di Caio, assoldando un sicario, e tuttavia il reato voluto non si è consumato poiché il sicario ha ucciso un diverso soggetto. La differenziazione del trattamento sanzionatorio risponderebbe meglio al principio di proporzionalità.