La trattazione della traccia sottoposta all’esame dello scrivente pone due questioni: l’una giuridica con riguardo alla causa ed una umana, ovvero le intenzioni che hanno condotto le parti alla conclusione di un determinato contratto.
La causa costituisce nel diritto romano giustinianeo come interpretato nell’evoluzione giuridica del diritto comune la struttura del contratto (do ut des; do ut facias; ecc.) individuando le prestazioni cui le parti si obbligano con la stipula di un determinato negozio. Ad esempio, nella compravendita la causa è costituita dal trasferimento della proprietà di un bene a fronte del pagamento del prezzo e qualora il trasferimento di un bene avesse, invece, funzione solutoria di un pregresso debito del venditore la causa non sarebbe più individuabile nello schema della compravendita ma in quello della datio in solutum.
I motivi ovvero le intenzioni delle parti sottese alla conclusione di un contratto sono tendenzialmente irrilevanti per l’ordinamento giuridico ed assumono rilevanza solamente in peculiari ipotesi, qualora illeciti e comuni alle parti o essenziali per una parte e conosciuti dall’altra parte.
L’esperienza giuridica romanistica ha poi conosciuto, a fianco dei contratti tipici e nominati (cui corrispondeva l’esercizio di azioni tipizzate a tutela), numerose figure contrattuali atipiche la cui causa non era individuabile o sovrapponibile a quella dei negozi tipici, riconoscendone comunque validità ed efficacia fra i contraenti qualora non contrari a norme imperative o all’ordine pubblico.
Recentemente si sono sviluppate numerose tipologie di contratti atipici (es. multiproprietà, lettera di credito, contratto autonomo di garanzia, ecc.) che possono racchiudere nella loro struttura anche più cause atipiche, potendosi quindi definire contratti misti; nel contratto di acquisto di multiproprietà, ad esempio, vi è la causa venditi mista alla causa locati poiché il multiproprietario si vincola nei confronti del gestore del complesso edilizio a versare periodicamente gli oneri di gestione della struttura quale corrispettivo per continuare a godere, il tempo determinato in contratto, del bene in multiproprietà.
In questa tipologia contrattuale le cause del negozio si confondono fra loro e non vi può essere prevalenza dell’una o dell’altra ai fini dell’individuazione della causa assorbente quale criterio utile per l’individuazione dei principi applicabili in caso di controversia e spetterà dunque al Giusdicente indagare l’assetto normativo pattuito in contratto per valutare, nel caso concreto, ove sia sorta la lite (in punto alla qualità del bene o in punto alla sua gestione cumulativa).
Nei contratti collegati, invece, le parti hanno inteso concludere due negozi distinti che, tuttavia, presentano un collegamento funzionale (es. comodato della macchina del caffè e contratto di somministrazione bevande) cosicché l’interprete non avrà difficoltà ad individuare la disciplina applicabile ai negozi perché resta ferma la distinzione delle cause dei singoli negozi.