Il contratto è costituito dall’accordo di due o più parti volto a costituire, modificare o estinguere situazioni giuridiche od obbligazioni aventi ad oggetto diritti disponibili e per fini ritenuti meritevoli di tutela dall’ordinamento giuridico.
La Repubblica di San Marino non si è dotata di un codice civile in cui cristallizzare le ipotesi di nullità del contratto sicché occorre richiamarsi a quelle enucleate dal diritto romano giustinianeo come glossate dai commentatori nell’epoca del diritto Comune che antesignano le nullità conferite nelle codificazioni moderne.
A titolo esemplificativo si prevedeva nullità per assenza di causa del contratto che è stata individuata e definita nella attuale Giurisprudenza del Commissario della Legge (Pierfelici caso Leasing Sammarinese contro Rover) come la funzione equilibratrice di prestazione e controprestazione che determina il sinallagma contrattuale. Nel caso citato si trattava di un contratto di leasing in cui la società concedente non aveva finanziato l’acquisto del bene così determinando tout court la possibilità per il contratto di svolgere gli effetti per cui era stato stipulato, conseguendone nullità del negozio.
Può comunque accadere che il contratto sia complessivamente valido ma contenga al suo interno una clausola nulla come, ad esempio, quella contenente il patto commissorio con cui il debitore, in caso di inadempimento, si impegna a trasferire al creditore la proprietà del bene in ipotesi di inadempimento oppure una clausola di non concorrenza priva di corrispettivo per il soggetto vincolato o senza previsione di durata oppure una clausola penale che, in ipotesi di inadempimento, prefiguri una posta risarcitoria iniqua o manifestamente eccessiva.
Tali esemplificazioni consentono la trattazione del tema assegnato poiché distinguono l’ipotesi in cui il contratto sia radicalmente nullo siccome privo di causa e dunque il rimedio disponibile dato alle parti è quello di invocarne la dichiarazione di nullità da quelle in cui la struttura del contratto è sostanzialmente valida ed efficace salvo clausole accessorie che, qualora dichiarate nulle non intaccano la validità della restanti pattuizione (es. patto commissorio) oppure ancora da quelle in cui il Giudice può direttamente intervenire sulla clausola negoziale correggendone il contenuto al fine di ricondurlo ad equità (es. clausola penale).
In tale ultima ipotesi, quella maggiormente dibattuta, vi è una eterointegrazione del contratto da parte di un soggetto estraneo rispetto ai contraenti che trova giustificazione nella stessa volontà delle parti di stabilire in via anticipata una posta risarcitoria in caso di inadempimento ma che non sia iniqua.
Il limite della correttezza e buona fede nella conclusione del contratto sopravvive al negozio e, qualora non rispettato dai contraenti, viene utilizzato dal Giudice nella fase contenziosa secondo il potere conferitogli dalla legge di determinare l’entità del risarcimento del danno derivato dall’inadempimento anche qualora non fosse stata presente la clausola penale iniqua.
Orbene, come il Giudice ha un potere di limitare il risarcimento richiesto in sede giudiziale (iuxta alligata et probata) così quel potere viene esercitato nella valutazione di equità dell’ammontare della penale, così consentendo la sopravvivenza degli effetti contrattuali voluti dalle parti.
L’intervento del Giudice, come limite al proprio prudente apprezzamento, incontra quello della domanda formulata dalle parti, delle allegazioni e delle prove afferite a loro sostegno sicché nella sostituzione alla volontà contrattuale delle parti dovrà comunque attenersi al limite del domandato e del provato senza che la propria scienza personale possa supplire alle carenze probatorie e facendo riscorso all’equità solamente nel caso in cui la esatta determinazione del danno sia particolarmente difficile ma la parte gravata abbia comunque assolto il proprio onere di aver subito un danno per se non esattamente determinato nel quantum.